TUTTI I SENSI CHE SCOPRONO LA BIRRA: (PARTE I)

Un percorso a “puntate” per imparare ad apprezzare sensorialmente una bevanda 100% naturale Assaggiare è un atto istintivo, scontato, quasi banale nella nostra natura, ma degustare con consapevolezza, concentrazione e sapienza è tutta un’altra storia, che adesso, e nei prossimi mesi, proviamo a raccontarvi.
Degustare una birra è un rito che prevede diversi passaggi, nonché tecnica ed esperienza (e tanta passione) che insieme affinano i sensi e aiutano a riconoscere e apprezzare il gusto unico della birra.
Gli strumenti primari? Ovviamente i nostri sensi. Occhi, per valutare colore e limpidezza, naso per catturare i composti e gli aromi, e bocca per valutare corposità e frizzantezza e per percepire i sapori. Questo mese ci soffermeremo sulla prima fase dell’esame e dell’assaggio: l’esame visivo. Gli occhi ci guidano sempre nella prima impressione, consigliandoci quando andare avanti e quando no. Innanzitutto vanno osservati colore, limpidezza e schiuma. Il colore, che determina la prima semplice classificazione, si distingue in chiaro, ambrato e scuro (ovvero dal chiaro paglierino di una Blanche al nero scuro delle Stout). Si scompone quindi attraverso le varie tonalità dell’oro, dell’ambrato, del rosso e del marrone, differenziandosi infine per sfumature e intensità. La scala cromatica è data quasi esclusivamente dai cereali impiegati e dalla lavorazione del malto, essiccamento e/o torrefazione.

La limpidezza è un altro dettaglio importante da valutare. La presenza di particelle in sospensione non deve infatti trarre in inganno, perché nella birra, a differenza di altre bevande alcoliche, i sedimenti possono essere significativi di uno stile particolare, indicandone ad esempio il tipo di fermentazione. Bisogna quindi valutare se tale eventuale presenza sia un fattore accidentale (indicativo magari di non freschezza del prodotto) o una particolarità dello stile.
In base alla limpidezza pertanto una birra può essere definita: torbida, opalescente, velata, chiara, trasparente, brillante.

Ultima, ma non per importanza, la schiuma, il biglietto da visita della birra, che non solo ci parla della qualità del prodotto, ma ci dice qualcosa anche del servizio e dello “stato di salute”. Ovviamente ogni stile di birra sviluppa la sua schiuma, importante quindi sapere quale tipologia si va ad assaggiare prima ancora di giudicarne la schiuma.
È equivocamente diffusa la credenza che la schiuma non debba esserci e anzi sia un “difetto” da eliminare. Niente di più sbagliato, la schiuma infatti ha importanti funzioni protettive della bevanda ed è un valido indicatore di qualità.
Della schiuma va valutato il colore, il perlage (grandezza delle bolle), l’aderenza al bicchiere, la consistenza (schiumosa o pannosa), la durata (quanto tempo il cappello di schiuma impiega a collassare) e la persistenza (per quanto tempo rimane almeno più di mezzo cm di schiuma).
Una birra servita a regola d’arte presenta due dita di schiuma compatta e persistente, di trama fine, di colore bianco con possibili sfumature beige. Se invece la bevanda porta una schiuma evanescente o assente c’è qualcosa che non va nel modo in cui vi è stata servita o nella temperatura: ad esempio se la schiuma è scarsa la birra è troppo fredda, se invece è troppo abbondante allora è troppo calda.
Ultima riflessione: il bicchiere ha un ruolo importante nello sviluppo della giusta schiuma di ciascuno stile, quindi prestate attenzione anche a questa scelta e abbiate cura di lavarlo senza detergenti e di bagnarlo prima di servirvi la vostra birra, la quale scivolando meglio formerà il cappello perfetto!
Fonti:
Il mondo della birra, La Carta del Servizio della Birra

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