Ricercatori texani raccolgono la sfida e testano gli effetti protettivi in condizioni ben controllate I bevitori moderati vivono più a lungo degli astemi. Un rompicapo che manda in tilt la scienza e su tutte le furie chi di alcol non vuol proprio sentir parlare e prova con ogni mezzo a riportare l’alcol in qualche ripostiglio, trascurando bellamente i dati forniti dalla scienza.
Poco importa se il proibizionismo non ha mai prodotto ‘a di buono e se la scienza dice che le cose non stanno proprio così. L’alcol fa male e basta, sostengono, perciò il mondo farebbe bene a sbarazzarsene quanto prima. Per fortuna la ricerca continua a battere il sentiero delle evidenze, senza arrestarsi. L’ultimo test al quale è stato sottoposto l’alcol è ad opera di un gruppo di ricercatori del Texas che nello studio pubblicato sulla rivista Alcoholism Clinical and Experimental Research (1) ha preso in considerazione informazioni relative a circa 2mila persone, seguendole per quasi venti anni con l’obiettivo di vedere se un consumo moderato di alcol fosse realmente associato ad un ridotto rischio di mortalità generale, quella dovuta a tutte le cause.
Lo studio: sotto accusa i fattori “confondenti”
Il team americano è partito proprio dall’evidenza che fa storcere il naso ai filo proibizionisti: le persone che stanno alla larga dall’alcol sembrano vivere meno a lungo rispetto a chi invece si concede giornalmente un paio di bicchieri di alcol con moderazione e regolarità.
Secondo gli scettici però nella categoria degli astemi rientrerebbe in realtà una buona parte di ex bevitori “pesanti”, se non ex alcolizzati veri e propri, che quindi aumenterebbe la mortalità del gruppo di controllo, falsando di fatto i risultati. I ricercatori hanno raccolto la sfida e hanno testato una batteria di fattori cosiddetti confondenti, ossia elementi che nelle analisi epidemiologiche potrebbero falsare i risultati e costituire la base del “trucco”.
Per prima cosa il team texano ha eliminato dal gruppo degli astemi chi in passato aveva avuto problemi con l’alcol. Nonostante questo, gli effetti positivi del bere moderato non sembrano risentirne. Semplicemente aggiustando i dati per sesso ed età, ossia considerando questi due fattori come possibili filtri al risultato, i ricercatori ottengono dei dati sorprendenti. I bevitori moderati sembrano al sicuro, con il 23 percento di rischio. Gli astemi hanno un doppio rischio di mortalità, mentre i bevitori “pesanti” un aumento del 70 percento. Quando poi nell’analisi entrano in gioco anche altri elementi, come precedenti problemi con la bottiglia, fattori socio economici e quant’altro, il quadro cambia di poco ma la sostanza dei dati rimane la stessa.
I benefici non dipendono dallo stato sociale
Il secondo passo compiuto dal team guidato da Charles J. Holahan è stato quello di assegnare un peso specifico proprio a quei fattori a cui molti rimproverano scarsa considerazione nelle analisi epidemiologiche.
Ecco quindi che stato sociale, fattori demografici e problemi con l’alcol fanno la loro comparsa sul palcoscenico dei numeri. Certo, la protezione offerta dal consumo moderato si attenua leggermente, ma resta forte e significativa, così come il rischio di mortalità di astemi e bevitori incontrollati, che si appaiano sul 51 e 45 percento rispettivamente. Insomma, l’alcol in moderazione sembra reggere dignitosamente agli attacchi di chi non si rassegna all’idea che due bicchieri al giorno di birra o vino, preferibilmente durante i pasti, sono essere davvero utili, non solo per la salute del cuore ma per ridurre la mortalità generale.
Giovanni de Gaetano
Marialaura Bonaccio
Università Cattolica di Campobasso Fonte: Holahan C J et al., Late-Life Alcohol Consumption and 20-Year Mortality, Alcohol Clin Exp Res. 2010 Aug 24
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