La fermentazione alcolica è un processo naturale conosciuto da millenni ma è stata considerata per secoli un fenomeno magico e sovrannaturale. Solo a partire da metà dell’800 la scienza ne ha compreso i meccanismi e l’uomo ha imparato a controllarla al servizio dei propri bisogni.
“La fermentazione è una ebullizione causata da spiriti che, cercando una via di uscita da qualche corpo e incontrando delle parti terrestri e grossolane che si oppongono al loro passaggio, fanno gonfiare e rarefare la materia fino a quando essi si siano staccato”. Così Lémery, storico scienziato ed indagatore dei fenomeni della natura, definiva nel 1684 la trasformazione del mosto zuccherino in alcol. Se queste erano le cognizioni scientifiche dell’epoca, è facile immaginare perché la cultura popolare abbia attribuito a questo fenomeno valenze soprannaturali e magiche, influenzata com’era dalle superstizioni e soggiogata dalla religione. Una fermentazione stentata in fase di avvio era infatti considerata segno di premonizione nefasta per la famiglia annunciando disgrazie e dispiaceri. I locali di fermentazione dovevano essere tenuti ben chiusi per evitare che gli spiriti malefici potessero entrare e disturbare gli spiriti buoni responsabili del processo. Alle donne in fase mestruale era proibito avvicinarsi. Fu solo dopo la metà dell’800, grazie agli studi del microbiologo Luis Pasteur, che la comunità scientifica comprese che la fermentazione era prodotta da esseri viventi con esigenze e caratteristiche vitali ben precise, studiabili, prevedibili e governabili. Ma bisognò arrivare fino al 900 avanzato perché l’uomo imparasse a disciplinarne l’utilizzo, creando ceppi di lieviti e batteri selezionati a produrre i risultati desiderati in termini di gusto e conservabilità delle bevande alcoliche.
Postato da paola baraldi
Fonte: Patrick Rivière, “Alchimia e Spagiria. Dalla grande opera alla medicina di Paracelso”, Edizioni mediterranee, 1986. pp. 165