La drammaturgia della birra

LA DRAMMATURGIA DELLA BIRRA

Dialogo intorno all’esperienza della birra nel cinema

Milano, 25 giugno, Miele Gallery: all’interno delle serate “Un sorso di birra con” organizzate da AssoBirra, Emanuela Audisio, giornalista di Repubblica, intervista Gianni Canova, critico cinematografico…per dare forma ad un dialogo intorno alla birra nel cinema.

Come è antica la tradizione birraria nella cultura dell’uomo così è stato inevitabile l’ingresso della bionda nel mondo di celluloide che racconta l’evoluzione dei costumi e fotografa i rapporti umani.
Lo sguardo si posa prima sulla cultura cinematografia inglese e irlandese, la cui civiltà ha un forte legame con la birra, ed emerge come questa e la quotidianità nei pub siano un rito collettivo di celebrazione dei sentimenti e delle fasi della vita. Si beve birra per festeggiare una nascita, un matrimonio, la rivincita su un grande dolore. La birra è aggregante, fa parte di un momento di condivisione e partecipazione. Nel cinema americano invece la birra è spesso vissuta da una prospettiva più intimista, solitaria. Quante volte abbiamo visto il protagonista di un film tornare a casa e per prima cosa aprire il frigorifero e prendersi una birra per staccarsi di dosso una giornata faticosa?Nella tradizione hollywoodiana la birra è una intima compagna di vita, spesso sostituta di relazioni sociali. A tal proposito un esempio significativo lo è il recente riuscitissimo film con Clint Eastwood, “Gran Torino”. L’immagine di un uomo solo, sulla sua veranda, al tramonto che beve una birra è l’idea di solitudine e dialogo interiore, dove la birra rappresenta una figura di compagnia e condivisione.

Negli anni ’30 e ’40 gli attori nei film bevevano soprattutto super alcolici e champagne, bevande aristocratiche e dettagli di un quadro di un mondo lontano ed elegante che l’industria voleva comunicare ad un pubblico bisognoso di sogni. Oggi la birra, assai democratica, è lo specchio della realtà quotidiana e aiuta il racconto di un mondo comune in cui accadono cose straordinarie.
Il cinema è termometro dei tempi, e ciò che entra a farne parte ci permette anche di osservare da una breve distanza l’evolversi della società. Anche la birra quindi ci racconta l’evoluzione dei tempi, ad esempio con il differenziarsi del suo consumo tra le donne. Adesso capita infatti più spesso di imbatterci in scene in cui gruppi di donne escano a divertirsi a ritmo di musica, risate e birra. Questa bevanda non è più appannaggio degli uomini, non è più il simbolo esclusivo del loro mondo privato lontano da casa, ma è diventata aggregante anche femminile.

Per quanto riguarda invece la tradizione cinematografica italiana, se la birra in passato era principalmente interpretata come elemento “straniero” (vedi “Totò sceicco” di Mario Mattioli del 1950 in cui birra era la parola d’ordine per arruolarsi nella legione straniera), oggi possiamo constatare come anche qui da noi essa abbia assunto un ruolo diverso, indipendente e distintivo dal vino. Una bellissima scena tratta dal film di Alessandro D’Alatri del 2005 “La febbre” esprime magnificamente questa nuova intenzione e carattere della birra intesa come un canale di dialogo e confronto, una porta che apre al piacere di raccontarsi e di assaporare la vita, fatta di piccoli immensi piaceri.

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