Un viaggio attraverso la storia della letteratura alla ricerca delle origini della birra
Sono nella Bibbia i primi rimandi letterari alla birra, nonostante fosse il vino la bevanda considerata sacra dalla religione cattolica. Secondo la studiosa Phyllis Blazer, l’espressione “bevanda inebriante” è la traduzione errata della parola latina “sicera”, a sua volta derivante dal termine ebraico “shekhar”, che indicava una bevanda ricavata da cereali o datteri.
Il cereale impiegato in realtà era l’orzo e di conseguenza la shekhar, la sicera, non era altro che una birra.
Più tardi, nelle opere dei greci e dei latini, grandi amanti del vino, ritroviamo accenni alla birra.
Se Eschilo ne “Le Supplici” non la menziona positivamente e Tacito nel Volume “Germania” disprezza la passione dei popoli barbari per “un liquido, ricavato dall’orzo o dal frumento, fermentato pressappoco come il vino”, Caio Plinio Secondo, nel libro XXXVII della “Naturalis Historia”, descrive la birra in maniera quasi scientifica menzionandone due tipi, la zythum egiziana e la cerevisia della Gallia, e facendoci sapere che a Roma era molto conosciuta anche se per lo più impiegata nella cosmesi femminile per la pulizia del viso e quale nutrimento per la pelle, mentre nelle Province era una bevanda molto apprezzata e largamente diffusa, dalla penisola iberica fino alla Francia e all’Egitto.
Facendo un salto in avanti di alcuni secoli, ritroviamo la birra negli scritti del grande drammaturgo inglese William Shakespeare. Come tutti i suoi connazionali, Shakespeare era un grande amante di questa bevanda.
Nell’atto V dell’Amleto è desiderata da uno dei becchini (“Adesso, per favore, va’ da Yaughan [un oste] e fatti dare una pinta di birra”), in “Sogno di una notte di mezza estate” rientra nella descrizione del carattere del folletto Puck, dispettoso a tal punto da far schiumar la birra. La prova dell’amore incondizionato di Shakespeare e degli inglesi per la birra e per i pub si ritrova però nell’Amleto, quando un paggio di Falstaff che si trova in Francia durante una campagna bellica, preso da un momento di sconforto pronuncia queste parole: “Ah, come mi vorrei trovare a Londra, in una birreria! Sarei disposto a barattare tutta la mia gloria per un gotto di birra e la pellaccia!”. (continua)
Fonte: testo liberamente tratto dalla Tesi di laurea di Bernardo Liberatore (www.tesionline.it)
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