A Roma, nei giorni scorsi, operatori del settore birrario, ricercatori e istituzioni centrali e locali si sono confrontati sulle opportunità e sulle criticità di una filiera tutta italiana del luppolo. L’iniziativa fa parte del primo progetto di ricerca nazionale sulla coltivazione del luppolo in Italia, luppolo.it, finanziato dal MIPAAF e coordinato dal CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria.
Il luppolo è una pianta verde che cresce spontanea soprattutto nell’Italia settentrionale, ma è presente in tutte le regioni comprese le isole. Il suo utilizzo è conosciuto dall’uomo fin dall’epoca preistorica. Ma la sua coltivazione ha avuto inizio solo nell’800. Grazie alle numerose e diverse sostanze aromatiche di cui sono ricchi i suoi fiori femminili viene impiegato come materia prima nella produzione della birra ed è in grado di influenzare, a seconda dei diversi stili birrari, il gusto e l’aroma della bevanda finita, bilanciandone la dolcezza prodotta dalla fermentazione del malto d’orzo e degli altri cereali. Esistono differenti varietà di luppolo, ciascuna delle quali è caratterizzata da un proprio caratteristico profilo aromatico, ragione per cui è importante per chi produce birra poter disporre di una materia prima di qualità e specificità legate al risultato che si desidera ottenere. Oggi in Italia la superficie coltivata a luppolo è di circa 30 ettari, dislocati lungo tutta la penisola, e si prevede un suo costante aumento nei prossimi anni. Insieme alle potenzialità di crescita di questa filiera esistono però anche forti criticità che, se non affrontate in tempi immediati, potrebbero precluderne il pieno sviluppo. Ne hanno discusso a Roma in questi giorni operatori, ricercatori e istituzioni locali riuniti in un convegno promosso dal Crea, il più importante Ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare. La produzione di birra artigianale in Italia, cresciuta notevolmente negli ultimi anni, è un fenomeno dinamico e innovativo che ha una crescente penetrazione sui mercati nazionale ed internazionali grazie alla qualità e tipicità degli ingredienti utilizzati per le birre e al loro stretto legame con il territorio. Un circuito italiano di coltivazione del luppolo, materia prima che ancora oggi viene in gran parte importata dall’estero, potrebbe quindi rafforzare l’unicità dei prodotti grazie alla peculiare geomorfologia del territorio nazionale. Senza contare l’impatto che l’intera filiera brassicola potrebbe avere sul rilancio delle aree locali più svantaggiate e sullo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali giovanili.
Pubblicato da paola baraldi
Fonte: http://luppolo.crea.gov.it