Uno studio dell’Università di Cambridge pubblicato su The Lancet scatena una polemica sul rapporto tra alcol e rischio di malattia, ma è solo una questione di prospettiva.
Era nato come uno studio che puntava a fare chiarezza sulle quantità di bevande alcoliche consigliate, dal momento che variano a seconda dei Paesi. Ma alla fine, lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista britannica The Lancet (1), ha finito per scatenare una vera e propria bufera, non solo tra i membri della comunità scientifica, ma anche sulla stampa laica, che non ha risparmiato titoli a tutta pagina sui presunti danni dell’alcol per la salute.
La ricerca, guidata dall’Università di Cambridge e a firma di numerosi gruppi scientifici internazionali, ha analizzato dati relativi a 600mila persone provenienti da 19 Paesi ad alto reddito. Il rischio di mortalità per tutte le cause è risultato aumentato per consumi di alcol superiori a 100 grammi a settimana, una quantità che corrisponde a circa 8 unità alcoliche a settimana (considerando 1 unità equivalente a 12 grammi di alcol, secondo la classificazione italiana), cioè poco più di un 1 bicchiere al giorno, che a ben vedere non sembra essere molto distante dalla quantità moderata tradizionalmente consigliata. Nessuna sorpresa dunque, dal momento che l’eccesso di rischio documentato si trova esattamente dove dovrebbe essere, ossia a quantità non moderate di alcol. Per quanto riguarda la malattia cardiovascolare, sono stati confermati i leggeri aumenti di rischio per ictus e scompenso cardiaco associati a consumi superiori ai 100 grammi a settimana, mentre per il rischio di infarto cardiaco il trend era esattamente opposto, con benefici anche per consumi superiori.
Ma se è vero che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, allora perché lo studio britannico ha generato tante polemiche?
Perché i dati sono stati interpretati dagli Autori, e di conseguenza presentati alla stampa, in maniera alquanto distorta. A dirlo sono i membri del Forum internazionale sul consumo di alcol in moderazione, una organizzazione no-profit che ha sede a Boston e si occupa di commentare la letteratura scientifica su alcol e salute (2).
La prima osservazione del Forum è che dalle analisi apparse sulla rivista britannica sono stati esclusi i non bevitori.
“Sappiamo già che la relazione tra consumo di alcol e mortalità per tutte le cause non è lineare, ma curvilinea – spiega Giovanni de Gaetano, capo del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli, in Molise, intervistato dalla Reuters – Questo si traduce nella cosiddetta ‘curva a forma di J’, dove il rischio dei bevitori moderati è inferiore a quello dei bevitori forti e di quello dei non bevitori. Lo studio pubblicato su The Lancet non include né gli astemi né gli ex-bevitori, perciò il confronto è stato necessariamente limitato ai bevitori moderati (fino a 100 g di alcol a settimana, cioè poco più di un bicchiere al giorno, ndr) verso i bevitori sopra ai 100 g/settimana. Il messaggio del lavoro è: meglio non bere, ma se bevi, fallo con moderazione, non più di 7 drink a settimana. Questa soglia è considerata dagli Autori come inferiore a quella normalmente consigliata dalle linee guida attuali. Tuttavia in una meta-analisi su oltre 1 milione di persone che abbiamo pubblicato nel 2006 (3), la massima protezione contro la mortalità per tutte le cause era stata trovata a 6 g al giorno (44 g/settimana), quindi anche al di sotto di quanto determinato dal lavoro pubblicato su The Lancet”.
“Eliminando i non bevitori, non siamo in grado di poter fare paragoni tra non bevitori e bevitori moderati. Ma questo è ciò che la comunità scientifica e gli esperti di salute pubblica vorrebbero sapere” chiosano i membri del Forum internazionale.
Ma allora perché la lettura che è stata fatta di questo lavoro ha finito per alzare un polverone non solo nella comunità scientifica ma anche a livello della stampa generalista?
“A essere sinceri – continua de Gaetano – questo lavoro è piuttosto deludente in quanto non fornisce nuove importanti informazioni su alcol e salute. La differenza tra bere moderato e non-moderato in relazione al rischio di malattia e alla mortalità è una nozione già ben consolidata nella letteratura mondiale”.
Il messaggio, secondo gli esperti internazionali, rimane sempre lo stesso. La moderazione è la chiave di lettura del rapporto che esiste tra alcol e salute. “Dovremmo evitare di considerare l’alcol come farmaco – continua il ricercatore italiano – La maggior parte degli studi indica finestre di dosi moderate piuttosto che singole dosi che possono avere benefici per la salute”.
Pubblicato da paola baraldi
Fonte scientifica:
Wood AM et al. Risk thresholds for alcohol consumption: combined analysis of individual-participant data for 599?912 current drinkers in 83 prospective studies. Lancet. 2018; 391:1513-1523.
Di Castelnuovo A et al. Alcohol dosing and total mortality in men and women: an updated meta-analysis of 34 prospective studies. Arch Intern Med. 2006; 166:2437-45.
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