Stare lontano dal carcere, ma anche dall’ abuso di alcol e di droga, si può producendo birra. L’idea è dell’associazione “Semi di Libertà” ma è stata finanziata dai Ministeri di Giustizia e Istruzione . La birra “Vale La Pena” è in commercio da un anno e a fabbricarla, in una scuola messa a disposizione dal MIUR, l’istituto Agrario Sereni di Roma, sono alcuni dei migliori mastri birrai italiani che hanno accettato di insegnare questa antica arte a 9 detenuti di Rebibbia ammessi al lavoro esterno. Le birre prodotte per ora sono dodici e hanno nomi ironici come “Leg(g)Ale”, “Er Fine Pena” “A Piede Libero”. Dice Paolo Strano inventore del progetto” ho scelto la birra perché è un prodotto di tendenza che avvicina anche i giovani ed è apprezzata trasversalmente in tutti gli ambienti sociali. Se entri nel mondo della birra impari ad apprezzarla perché è una bevanda con una cultura forte che non è quella dello sballo, ma quella del gusto della qualità e della competenza. E poi la birra va forte: nel 2011 i microbirrifici artigianali in Italia erano 300, e oggi sono già 900”.
Postato da paola baraldi
FONTE: www.valelapena.it