Dal Lussemburgo arriva la conferma che bere con moderazione riduce il rischio cardiovascolare che è alla base di una vera e propria pandemia Il consumo moderato di alcol mette a segno un altro punto. Questa volta a beneficiare del paradigma alcohol in moderation è la sindrome metabolica, una patologia che negli ultimi anni si è estesa a macchia d’olio ovunque, anche in zone imprevedibili del pianeta. Praticamente a rischio lo siamo tutti, nessuno escluso. In realtà, come suggerisce la parola, la sindrome metabolica non è una patologia bensì un insieme di sintomi o segni clinici. Si parla di sindrome metabolica (SM) quando sono presenti contemporaneamente alcune condizioni come obesità, ipertensione, dislipidemia o iperglicemia. L’insieme di questi elementi contribuisce a creare un cocktail micidiale per la salute, soprattutto per quella cardiovascolare. Ecco perché la sindrome è in cima alla lista degli indiziati nel processo contro i responsabili di due delle più estese e subdole pandemie che l’umanità abbia mai conosciuto. Malattie cardiovascolari e tumori infatti sono tra le cause principali di morte nel mondo occidentale, ma stanno facendo irruzione anche in zone un tempo considerate immuni. In Africa, per dirne una, l’incidenza di malattie cardiovascolari è impressionante, così come vertiginosi appaiono i dati sull’incremento dei tumori. Contenere i fattori di rischio, che nel caso di queste malattie sono certamente più di uno, è quindi una priorità non solo per l’agenda dell’occidente ma anche per l’altra metà del pianeta. L’equilibrio tra ambiente e genetica è di fondamentale importanza; incrinarlo significa compromettere seriamente la salute di tutti.
Ma se è vero che un’alimentazione scriteriata è in grado di emettere una impietosa condanna sul nostro benessere, è altrettanto vero che alimenti e bevande che consumiamo ogni giorno possono diventare un elisir di lunga vita. Il punto è capire cosa fa male e cosa, invece, mantiene attivi e funzionanti gli ingranaggi.
Un recente studio pubblicato sulla rivista Atherosclerosis (1) ha puntato i riflettori sull’alcol, osservando che un consumo moderato riduce sensibilmente l’incidenza della sindrome metabolica. Stando ai risultati della metanalisi del team guidato da Alkerwi Ala’a del centro ricerche del Lussemburgo, chi beve alcol in maniera moderata riesce a tenere alla larga le insidie della sindrome metabolica. Le dosi massime cui fanno riferimento i ricercatori sono in linea con quelle già suggerite in precedenza da altri studi scientifici: si parla di 40 grammi di alcol al giorno per gli uomini e 20 grammi per le donne. Sforare significa perdere la protezione acquisita. E naturalmente gli astemi non beneficiano dello scudo protettivo dell’alcol. La metanalisi ha analizzato i dati relativi a oltre 40mila persone derivanti da sette studi diversi che includono differenti popolazioni, dal Nord America all’Europa, fino al Giappone. È risultato che per gli uomini che consumano alcol moderatamente il rischio di sindrome metabolica si riduce del 16 percento, mentre le donne capitalizzano il beneficio fino al 25 percento di rischio in meno. Ciò vuol dire in altri termini che un uomo ogni 6 e una donna ogni 4 che sarebbero colpiti dalla sindrome metabolica, non lo sono se bevono moderatamente.
Ovviamente qui si parla di alcol in genere. Lo studio, per motivi statistici, non fa alcuna distinzione tra i tipi di bevande, per cui vino, birra e altri alcolici contribuiscono al risultato finale sulla base del contenuto in alcol.
Sulla stessa scia anche i risultati ottenuti dal team greco guidato da Antonia Trichopoulou che proprio qualche giorno fa ha pubblicato una rigorosa ricerca epidemiologica sulla prestigiosa rivista britannica British Medical Journal (2) in cui si sancisce il primato del consumo moderato di alcol tra tutti i componenti della dieta mediterranea. Per la Trichopoulou e i suoi colleghi l’alcol in moderazione è l’alimento che maggiormente conferisce il potere protettivo attribuito alla celebre piramide alimentare del mare nostrum, ben il 24%.
Quello dell’alcol, però, è un successo sempre precario, continuamente chiamato a schivare i colpi che arrivano da ogni parte. L’ultimo in ordine di tempo arriva niente meno che dall’autorevole rivista londinese The Lancet (3) la cui massiccia invettiva contro l’alcol ha il sapore di un’autentica crociata contro qualsiasi forma di consumo di alcol, mettendo all’indice indiscriminatamente il bere mediterraneo e il binge drinking (il consumo eccessivo, magari concentrato in una sola serata). Un approccio più ragionato, senza pregiudizi, al problema reale – soprattutto nei Paesi in ritardo di sviluppo – dei danni da eccesso di alcol, potrebbe invece rappresentare un’arma preziosa nelle mani di chi prova a combattere la reale minaccia per la salute globale di una pandemia, come quella delle malattie cardiovascolari, da cui nessuno può sentirsi al sicuro.
Marialaura Bonaccio
Giovanni de Gaetano
Università Cattolica Campobasso
Fonti:
(1) A. Alkerwi et al. , Alcohol consumption and the prevalence of metabolic syndrome: a meta-analysis of observational studies, Atherosclerosis, 2009 June; 204 (2): 624-35
(2) Trichopoulou A. et al., Anatomy of health effects of Mediterranean diet: Greek EPIC prospective cohort study, BMJ 2009; 338; b2337
(3) Beaglehole R, Bonita R., Alcohol: a global health priority, Lancet Volume 373, (2009) pp 2173-2174
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