Alcol e salute: la lente va spostata sullo stile di vita.

Un numero di studi sempre maggiore dimostra che il consumo moderato di alcol va valutato nella cornice globale di uno stile di vita sano. Per il Forum internazionale di scienziati l’allarme lanciato da Lancet è contraddetto da una vasta letteratura.

Tutti conoscono bene l’importanza di un corretto stile di vita per prevenire le malattie, per quanto pochi si adoperino seriamente a mantenere i buoni propositi. Ma sono molti gli studi epidemiologici che negli ultimi anni hanno messo in risalto il ruolo cruciale delle sane abitudini di vita nella riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, tumori e perfino della mortalità per ogni causa. Oltre a fare un’attività fisica moderata, mangiare in maniera sana, mantenere un peso corporeo nella norma e non fumare, alcune ricerche hanno inserito anche il consumo moderato di alcol come componente di una vita orientata al mantenimento di un buono stato di salute. Ed è sempre più frequente che questi comportamenti vengano analizzati insieme, anziché singolarmente, proprio per avere un’idea dello stile di vita generale di un individuo, che verosimilmente è molto più predittivo di un singolo fattore.

 

È il caso dell’ultimo studio sull’argomento condotto da un gruppo di ricercatori tedeschi che hanno analizzato circa 20 studi con l’obiettivo di capire quanto lo stile di vita possa realmente incidere sul rischio di malattia cardiovascolare (1).  In generale, gli studiosi hanno scoperto che corrette abitudini conferiscono una protezione del 66% nei confronti del rischio cardiovascolare, del 60% per l’ictus e quasi del 70% per lo scompenso cardiaco. Non solo. La protezione documentata ha un effetto dose-risposta, in altri termini, l’aggiunta di ogni singolo comportamento virtuoso, alcol moderato incluso, aumenta in maniera direttamente proporzionale la protezione contro eventi cardiovascolari futuri. L’aspetto interessante dello studio è che anche un solo stile di vita salutare è in grado di ridurre del 30% il rischio cardiovascolare.

 

Gli studi sugli stili di vita assumono un significato ancora più importante se si pensa alla cornice generale in cui vengono svolte le ricerche sul rapporto tra alcol e salute. Proprio di recente, un maxi studio pubblicato sulla rivista britannica Lancet ha analizzato dati provenienti da quasi 200 Paesi di tutto il mondo, e ha finito per attribuire al consumo di alcol un aumento spropositato del rischio per un’ampia serie di patologie (23 diverse), nonché un impatto devastante sull’indice DALYs, che in pratica misura gli anni di vita trascorsi senza malattia (2).

 

In buona sostanza, per i ricercatori del GBD 2016 Alcohol Collaborators, l’unico modo per non riportare danni da consumo di alcol è essere astemi. Un’indicazione paradossale, soprattutto in considerazione della vasta letteratura che mostra, e continua a mostrare, l’importante vantaggio cardiovascolare associato al consumo moderato di alcol ad ogni latitudine del globo. Chiaramente il dato britannico ha fatto molto discutere, e tra i più contrariati ci sono gli scienziati del Forum internazionale sulla ricerca sull’alcol (3).

 

“Gli autori insistono in maniera ingiustificata sul fatto che le loro analisi dovrebbero avere forti implicazioni per l’impostazione delle politiche di salute pubblica sull’alcol in tutto il mondo – commentano gli scienziati guidati dall’epidemiologo americano Curtis Ellison – Tuttavia, il loro monito non considera assolutamente le specificità delle singole culture, nonché una valutazione globale di altri stili di vita, né il modello di consumo delle bevande alcoliche”. Tra l’altro, non è chiaro perché tra i vari parametri analizzati gli autori non abbiano considerato anche la mortalità totale, la misura più oggettiva di tutte, fanno notare dal Forum.

 

“L’affermazione secondo cui bisognerebbe astenersi totalmente – continuano – è fortemente contraddetta da recenti studi di coorte molto ampi e ben condotti (in cui sono disponibili dati individuali) che indicano che i non bevitori hanno un rischio maggiore di malattie cardiovascolari e di mortalità totale rispetto ai bevitori moderati regolari che non si abbandonano ad assunzioni incontrollate di alcol”.

 

Insomma, nonostante l’enorme mole di lavoro svolto dagli investigatori d’Oltremanica, l’aver fatto di tutta l’erba un fascio probabilmente finirà per creare ancora più confusione intorno alla questione, che probabilmente si tradurrà in un enorme nulla di fatto, almeno in termini di salute pubblica.

Pubblicato da paola baraldi

FONTE SCIENTIFICA

  1. Barbaresko J et al. Lifestyle Indices and Cardiovascular Disease Risk: A Meta-analysis. Am J Prev Med. 2018; 55:555-564.
  2. GBD 2016 Alcohol Collaborators. Alcohol use and burden for 195 countries and territories, 1990-2016: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2016. Lancet. 2018 Aug 23.
  3. alcoholresearchforum.org/critique-219 .

 

Pubblicato da paola baraldi

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